ROMA 20 LUGLIO – 3 AGOSTO – SUORE DI MARIA BAMBINA (Sono dell’ordine che gestisce Maria Bambina)
Carissimo signor Gabriele, prima di tutto mi scuso per il ritardo con il quale rispondo al suo messaggio. Ho fatto il passaggio ad un nuovo gestore per cui sono rimasta senza il servizio per un pò di tempo. Comunque adesso ho ripreso tutti i miei contatti e messaggi. Sono contenta che il Signore ci abbia fatto conoscere persone come lei e i suoi compagni che sono venuti a Roma per aiutarci. Difficile trovare parole per dirvi grazie!!! Vi mando un piccolo segno a riconoscenza del vostro amore tradotto in aiuto concreto. Il Signore benedica i vostri passi e le vostre azioni. Io sono in Casa Madre con le suore che fanno gli Esercizi Spirituali. Preghiamo a vicenda. Grazie per nome del tecnico per aiutare le nostre suore a Roma. Ogni bene nel Signore. Buona notte. MP (Madre Paola)

RIPORTIAMO TRE TESTIMONIANZE

1)
Del lavoro intenso di questi giorni (molto più di quello che faccio normalmente), mi rimane l’immagine di aver vissuto la bellezza di una vacanza del movimento perché era presente il Suo significato: sia nei momenti di preghiera che nel lavoro tramite i vostri volti e l’offerta della mia vita. L’educazione ad obbedire alla circostanza – che mi è utile ora, la comunione vissuta, la correzione fraterna, il percorso in crescendo fatto guardando le suore, sono doni che il Signore mi fa rendendo sempre più abituale la memoria di Lui nella mia vita.
Grazie a Dio e grazie ad ognuno di voi per esserci stato e per come ci siete stati
Maria Spaccesi

2)
L’esperienza di Roma è stata la riprova che il Signore è pieno di sorprese per noi. Tutto parlava di dono: la condivisione del tempo e del lavoro con gli amici della Gelmini, l’incontro quotidiano con le suorine francescane, la cena con due seminaristi della San Carlo. Il ns lavoro non era fine a se stesso, ma teneva presente di Qualcuno piú grande di noi e quei volti, che incontravamo ogni mattina alle lodi erano come il riflesso della Presenza del Padre. Una parete imbiancata che senso ha, se non rimanda ad un luogo dove la misericordia di Dio si fa carne. Commosso e grato di qs esperienza vi ringrazio di qs iniziativa che mi ha fatto conoscere di piú la verità di me stesso! Massimo Ciavatta

3)
Buongiorno a tutti vi chiedo scusa se non riesco a scrivere ma i mezzi tecnologici mi mettono sempre a disagio. Di sicuro la cosa che mi porto a casa di questa settimana passata con voi è l’amore che Gesù ha avuto per la mia vita. Come ci siamo trattati, come abbiamo lavorato, come le suore ci hanno guardato e come ci hanno provocato i ragazzi della S. Carlo sono stati tutti gesti di una ricchezza che mi farà sicuramente crescere nella mia quotidianità.
Tutte le esperienze degli ultimi anni con la Gelmini sono state occasione per imparare un modo di stare insieme, di lavorare, che ho sempre cercato di desiderare anche nella mia quotidianità a casa e nella scuola e questa ultima esperienza fatta con voi me ne dà testimonianza accompagnata anche dalle quotidiane parole di don Ambrogio che ci hanno sostenuto in questa esperienza. Vi ringrazio per questo cammino e vi abbraccio tutti
Rossella Temellini

4)
Quel senso di fastidio che può prenderti nel momento in cui qualche amico ti propone da “fare qualcosa insieme” si trasforma spesso in esperienza positiva e senso di pacificazione con te stesso e la vita che “ti gira intorno” nel momento in cui decidi di dare credito e dire si a quella proposta. Questo è accaduto nel turno di lavoro a Roma nella “casa-foresteria” delle suore francescane figlie di Santa Elisabetta che proprio a Roma nord, in uno dei quartieri più degradati della città eterna, hanno la loro casa di formazione. La loro fondatrice è Elisabetta Casci che, il 26 maggio 1888, con l’aiuto del suo parroco don Giuseppe Marchi diede vita a questa congregazione nel comune di Pratovecchio (Arezzo) nella piccola frazione di Casalino nel cuore del Casentino, in diocesi di Fiesole. Indebitamente qualcuno di noi aveva pensato alle suore di Maria Bambina ma la confusione derivava dal fatto che questo ordine di suore, che non sono contemplative ma di vita “attiva” e missionarie, fra le tante “case” sparse nel mondo ne ha una anche a Gerusalemme, proprio presso l’ex orfanotrofio chiamato di Maria Bambina, di proprietà della Custodia di Terra Santa (dove anche noi Gelmini alloggiamo durante la nostra permanenza in Terra Santa).
Ma lasciamo per un attimo le suore e veniamo a noi della Gelmini e al turno di lavoro romano: eravamo in dieci: 5 provenienti da Rimini e San Clemente (località sulle colline riminesi) Gabriele, Massimo, Carlo, Gianni e chi scrive, (cioè Serafino), tre da Macerata (i coniugi Dari Lauro e Maria, nonché Maurizio, un memores), e due tra Modena (Rossella) e Reggio Emilia (Letizia). Il nostro contributo a questa realtà di Suore consisteva nell’ imbiancare le pareti della foresteria, riprendere e rifinire gli infissi delle finestre, verniciare inferriate e ringhiere esterne di quella che in autunno diventerà dimora delle stesse francescane in quanto l’attuale struttura (distante meno di un centinaio di metri) verrà ristrutturata per diventare una casa di riposo per anziani.
Vorrei tornare a noi per riflettere su quanto la presenza di Dio nella nostra vita ci sorprenda in continuazione e scombini i nostri piani; non tanto nei pensieri ma nei nostri viaggi e nelle nostre destinazioni se non addirittura nel tipo di lavoro che facciamo come volontari, oltre che nel nostro quotidiano. Infatti la Terra Santa che è stato il “motivo primo” del nostro metterci insieme e del muoverci, come tutti sapete, è venuta meno a causa della pandemia. Ma i rapporti che abbiamo intessuto la hanno aperto tante di quelle porte in Italia che occorrerebbe moltiplicare ben più di quello che già non sia avvenuto in questi circa 15-16 anni di vita del nostro sodalizio, il numero di quelli che vogliono aggregarsi a noi. Non faccio fatica a parlarne perché nella nostra chat molti hanno già espresso le loro riflessioni e io non farò altro che copiare… Tutta la settimana di lavoro ha espresso il grande regalo che ci è stato fatto. Si perché il nostro lavoro è stato certamente un bel regalo alle suore ma ancor prima è stato un dono per noi. Non c’è bisogno di spendere troppe parole: chiunque legge può capirlo e arricchire di parole questa riflessione… Ritrovare nella nostra vita, a volte distratta quando non proprio anche sgangherata (parlo per me in primis), la presenza di Dio che ci dice: “Non avere paura dei tuoi errori delle tue mancanze o delle tue cadute, io ti voglio bene così come sei; non devi fare nulla di particolarmente eccezionale devi solo ricordarti che Io sono accanto a te”. Questo ci dicevano anche quelle giovani suore, o ragazze in procinto di diventare suore, non a parole ma col sorriso (anche perché la maggior parte, essendo filippine, indonesiane o asiatiche in genere parlavano inglese anche se studiano l’italiano, la lingua “madre” della loro congregazione) e la gratitudine che esprimevano ogni mattina nella recita delle lodi a cui partecipavamo come potevamo. Loro cantavano, noi sussurravamo a bassa voce per non rovinare intonazione e melodia. Ce lo dicevano nella messa a cui partecipavamo ogni sera; ce lo dicevano soprattutto nei brevi dialoghi personali che abbiamo avuto con qualcuna di loro in particolare, soprattutto suor Rachele, una filippina 44enne che ne dimostrava molti meno e che non finiva mai di ringraziarci. Insieme a loro abbiamo fatto anche una serata invitando due seminaristi della San Carlo che ha la sede di formazione piuttosto vicino al convento dove abbiamo lavorato. Una bella serata in cui le suore hanno anche cantato, ballato e soprattutto ascoltato con una singolare attenzione questi due seminaristi, Filippo, un milanese e Phil, un americano del Minnesota. Con molta semplicità hanno raccontato come l’amicizia fra loro non sia un fatto secondario rispetto alla loro vocazione e alla formazione. Il “si” a Gesù è sempre personale ma l’amicizia e la comunione fra chi la pratica, illumina e spiega tutti i “dettagli” della vita di ciascuno, anche di quella che viene donata a Dio nella sua totalità, come preti o suore missionari. Questa comunione è la stessa vissuta tra noi nel lavoro, anche con una certa fatica, obbedienti comunque ai riferimenti e alle circostanze. E’ la stessa amicizia che rende meno “ideale” e più concreta la presenza di Dio tra noi. Come detto da più di uno di noi quando siamo tornati a casa, questa esperienza è stata un modo di vivere che ci ha insegnato a capire meglio che Dio ci ama, non solo nelle “uscite” della Gelmini ma nella nostra vita quotidiana e nelle nostre città.
Mi fermo qui, visto che sono ben più delle “due” righe che Gabriele mi aveva chiesto di scrivere sull’esperienza di questo turno di lavoro a Roma…
Ad majora Serafino

 

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